about facebook
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Uso questa pagina che vorrei dedicare non solo alla fotografia ma anche a tutti i sistemi di comunicazione visiva di cui fbk potrebbe entrare a pieno titolo visto che i post vengono, nella maggior parte dei casi, confezionati con un’immagine fissa o in movimento rendendola predominante rispetto a quella ortografica che diventa quasi sempre semplice didascalia del messaggio visivo.
Ma il vero motivo per cui mi accingo a fare questa riflessione è motivare la decisione di cancellare il mio account su fbk cosa che avevo già fatto in modo superficiale, più di rigetto che d’analisi. Una scelta che mi ricorda quella presa quasi vent’anni fa con la rinuncia di possedere un televisore e il suo contenuto e che non rimpiango.
Oggi ho comprato il manifesto e con piacere ho letto il lungo articolo di Benedetto Vecchi su facebook e l’imminente sbarco del social network a Wall Street. Questo articolo mi ha chiarito tanti dubbi e non voglio fare qui una critica anti tecnologica o una più personale a chi continuerà ad usare fbk con soddisfazione e piacere, ma un punto di partenza per analizzare e cercare di comprendere i meccanismi e i risvolti che ci stanno sempre più coinvolgendo nella Rete. In particolare ora che fbk e il suo patron Mark Zuckerberg, gettando la maschera, fanno il loro dorato ingresso nel tempio dell’anarco- capitalismo.
Novecento milioni di utenti usufruiscono gratuitamente dei servizi di fbk socializzando stati d’animo, esperienze, musica, idee politiche, incontrando i propri simili ed evitando con cura di chattare con chi la pensa diversamente. Ma la gratuità ha un prezzo, quello di perdere la privacy fornendo i propri dati che saranno elaborati per essere successivamente venduti alle multinazionali per raffinare le loro strategie di vendita. E’ questo il valore economico di fbk e il motivo della sua milionaria quotazione in borsa. Un modello di business atipico che si basa sulla raccolta dei dati contenuti nei profili degli utenti. Un prodotto impalpabile ma prezioso che consiste nella codifica dei desideri e delle abitudini dell’essere umano.
La differenza tra i media tradizionali (giornali,televisione) e la Rete è nel modello di comunicazione: “dall’uno ai molti” i primi e “dai molti ai molti” nel secondo ma non solo, il punto fondamentale è la capacità dei singoli di auto organizzare le relazioni sociali in tempo reale senza la mediazione dei media ed è questo il miracolo di facebook.
Anche la Apple e il suo guru Steve Jobs hanno fatto la loro fortuna su una concezione “libertaria” delle relazioni sociali e di quel luogo denominato web 2.0 che percepiamo come un limbo di assoluta libertà ma che alla fine è una delega tecnocratica della nostra socialità. Così fa fbk, esaltando la centralità del singolo che entra in relazione con altri individui a colpi di mouse nella cornice della propria bacheca ma questo diventa solo indice di una pornografia emotiva e non di libertà. E con grande tristezza posso dire che l’humus di questa illusione liberatoria, ad uso e consumo del libero mercato, è stato espropriato dall’esperienza rivoluzionaria e dalla controcultura degli anni Sessanta. Le teorie libertarie si fondono con il credo liberista puntando tutto sulla trasparenza e la gratuità e dove tutto deve essere reso pubblico salvo poi che tutte queste informazioni diventano merce da vendere.
Ancora una volta la libertà non coincide con il mercato e sfuma anche il sogno di costruire una società virtuale senza padroni che la Rete prometteva. Viviamo in un mondo sempre più piccolo e interconnesso, milioni di donne e uomini fanno l’esperienza di una solitudine profonda, proprio ora che la Rete dovrebbe garantire una moltitudine di relazioni sociali senza limiti di spazio-tempo e nello stesso momento in cui l’illusione del villaggio globale si è quasi realizzata completamente. Questa infelicità e questo isolamento che ho percepito tante volte di fronte alla costruzione del mio profilo, che era poi una rappresentazione teatrale di me stesso, nasceva dal disagio, ancora inconsapevole, di essere vittima di un incantesimo.
Se si vuole approfondire l’argomento si può scaricare a questo indirizzo www.ippolita.net il saggio Nell’acquario di Facebook.
16 maggio 2012